Nel cuore degli Spalti di Toro c'è Forcella Teresa. Non ha nulla di speciale. Una forcella come tante. Ma quel nome, Teresa, suscita curiosità, voglia di sapere, di capire da dove arriva. Chi era quella donna? Chi ha deciso quel battesimo? Teresa Teza era una donna di Domegge. Una donna coraggiosa e forte che nel 1905 fu reclutata da Tita Piaz, (la famosa Guida Alpina della Val di Fassa detto anche il Diavolo delle Dolomiti per le sue rocambolesche imprese, per accompagnare la sua spedizione esplorativa sugli Spalti di Toro e sui Monfalconi. Era stata assoldata per far da mangiare e prendersi cura dei componenti la spedizione. Il grande Piaz ne esaltò il coraggio e la forza, ma anche l'estro nel salire i pendii più scoscesi e in segno di ammirazione e di gratitudine le dedicò la forcella che ancora oggi porta il suo nome. Ci piace pensare a lei come portabandiera dell' alpinismo locale che raccontiamo in questa carrellata di nomi, date, vicende ed aneddoti. Probabilmente Teresa non ha mai scalato una montagna, ma siamo certi che questa donna possa rappresentare autorevolmente uno spunto originale per la storia e le storie di quanti hanno salito e continuano a salire le montagne di Domegge di Cadore, del mondo. La storia dell' alpinismo di Domegge inizia con i cacciatori ..., ovviamente. La conoscenza del territorio, a cominciare dagli angoli più remoti ed impervi, e I'estro nel salire le crode, costituivano le condizioni essenziali per cacciare il camoscio. E' stata la pratica venatoria dunque a gettare le basi dell' alpinismo. Con il bisogno di cacciare si è intrecciata poi la passione per la montagna. La meravigliosa bellezza delle cime che contornano Domegge non ha mai lasciato indifferente nessuno. Fin dai tempi remoti l'istinto è stato quello di salire per vedere, per toccare con mano, per esplorare. Ad alimentare la passione alpinistica locale hanno contribuito in maniera fondamentale gli alpinisti "foresti", che ben prima di noi hanno divulgato il piacere di salire le nostre montagne. Un valore alpinistico per Domegge è stata la prima salita alla montagna simbolo, il Campanile di Toro, il 22 luglio 1903 ad opera degli austriaci Berger ed Hechenbleikner. Altro autorevole punto di riferimento è stato Julius Kugy, uomo di grandi doti morali ed alpinistiche, che nel 1885 salì per primo il Montanel. Tra la fine dell' 1800 ed il primo ventennio del 1900 quasi tutte le cime degli Spalti e Monfalconi furono salite. Tra il 1899 ed il 1901 Steinitzer e Reschreiter, provenienti in bicicletta da Monaco di Baviera, salirono per primi la Cima Cadin degli Elmi, il Monfalcon di Forni ed il Crodon di Scodavacca. Il viennese Patéra salì per primo la Cima Giaf, la Croda Longa, mentre Schuster raggiungeva la vetta ovest del Cridola. Koeghel e Both le cime che portano il loro nome, oltre alla Cima Emilia, Cima Talagona ed il Monfalcon di Cimoliana. Non furono da meno gli italiani, con prevalenza di scalatori friulani, Ferrucci, Mantica, Giordani, Petz, De Santa, Feruglio fino al 1905, con la comparsa del Diavolo delle Dolomiti Tita Piaz, qui giunto per la fama della conquista del Campanile di Val Montanaia nel 1902 da parte di Von Saar e Von Glanvell, che usarono come base la casera Prà di Toro. Una citazione particolare per Antonio Berti, il padre degli alpinisti veneti, che nel 1907, giunto per la prima volta a Vedorcia, si innamorò di quelle cime tanto da perorare la costruzione del Rifugio Padova. II suo sodalizio con i Fratelli Fanton, Bleier e Schrofennheger, ha scritto una pagina importante non solo nella storia alpinistica della Val Talagona, ma anche in tutte quelle delle Dolomiti del Centro Cadore. La prima guerra mondiale e la ricerca di altri primati allontanarono dagli Spalti la presenza di illustri alpinisti fino al 1950, anno che segna una svolta, quando il destino fa incontrare casualmente al Rifugio Padova, all'epoca gestito da Natale Da Deppo, l' ingegnere tedesco Wolfgang Herberg, e lo studente in medicina di Milano, Vincenzo Altamura. Determinata, approfondita e sistematica la loro opera, con I' apertura di oltre 100 nuove vie, rilievi e cartografie che divulgarono con i loro scritti facendo conoscere gli Spalti ed i Monfalconi oltre i confini nazionali. E gli alpinisti di Domegge ? A cimentarsi sulle crode di casa sono stati in molti. Lo spirito che li ha accomunati è scaturito più dalla passione vera che dalla presunzione di passare alla storia come grandi alpinisti. Possiamo dire che ognuno ha interpretato l'andare in montagna con la ricerca di soddisfazioni, individuali e di gruppo, che solo in alto si possono provare. In molti, tra gli alpinisti giovani e anziani di Domegge, l'hanno pensata e la pensano così. E' l'interpretazione più genuina. Quella che non ha bisogno di nomi, di classifiche e di gradi di difficoltà e che ha caratterizzato la grande passione espressa da tanti cittadini del Comune da sempre. Fin da quando l'andare in montagna non era un passatempo, ma una necessità di vita.
C'è una torre ardita che segna il passo delle cime che compongono l'articolata catena degli Spalti. È il Campanile di Toro, il re degli Spalti, il simbolo delle Dolomiti di Domegge di Cadore. La leggenda sostiene sia il fratello di un altro campanile famoso, quello di Val Montanaia. Il Campanile di Toro, svettando elegante sulla Val Talagona, ha richiamato l'interesse degli alpinisti fin dalle prime battute dell'esplorazione dolomitica. Proprio come quello di Val Montanaia, salito per la prima volta nel 1902, il Campanile di Toro si è lasciato conquistare solo un anno dopo. Il 22 luglio 1903 era un mercoledì. I due intrepidi salitori erano austriaci: Karl Berger e Ingenuin Hechenbleikner. Il più famoso era Berger. Originario di Innsbruck, dove nel 1896 aveva partecipato alla fondazione del Club Alpino Austriaco, conosce le Dolomiti nell'estate del 1899, quando scala per primo il Campanile Basso del Brenta. Nel 1900 frequenta il Gruppo del Sella e nel 1903 arriva in Cadore e s’innamora degli Spalti. Sempre insieme a Hechenbleikner il 19 luglio esegue la prima assoluta del Cadin di Vedorcia. Il giorno successivo sale sulle Torri del Castello di Vedorcia e il 22 luglio conquistano il super trittico composto dal Campanile di Toro, Castellato e Pala Grande. Il tutto in una sola giornata. Un concatenamento eccezionale, se si considerano i tempi e i mezzi. Negli anni successivi altri rocciatori presero di mira il Campanile di Toro alla ricerca di nuove vie. La più ardita è sicuramente quella aperta sulla parete est dal mitico Tita Piaz nel 1906. Si tratta di una via che tocca il quinto grado, un'autentica impresa per l'epoca. La storia alpinistica del Campanile di Toro racconta altre tre vie importanti tracciate molti anni dopo il passaggio di Tita Piaz. Una è stata aperta da Stösser e Schütt sulla parete sud nel 1930. Dieci anni dopo sulla medesima parete firmano una bella via i Ragni De Polo, Frescura e Tabacchi. Infine nel 1953 le Guide alpine di Auronzo Alziro Molin, Antonio Pais Becher e Valentino Pais Tarsilia, sono saliti lungo la parete nord-ovest. Di grande prestigio le ultime ascensioni raccontate dalla storia del mitico Campanile a cominciare da quella realizzata da Renato Peverelli e Oreste Frescura il 19 settembre 2000. Il 22 giugno 2003 Icio Dall’Omo, Renato Peverelli e Matteo De Martin hanno realizzato una via nuova sulla parete nord-ovest con difficoltà comprese tra il quinto e il settimo grado. Il 3 agosto dello stesso anno ancora Dall’Omo, Peverelli e De Martin hanno risalito lo spigolo nord superando difficoltà attestate tra il quarto e l’ottavo grado.
Da notare che la prima salita invernale al Campanile è datata gennaio 1964. A realizzarla è stata una cordata composta da quattro alpinisti. A guidarla era il triestino Bruno Crepaz.
Tra i molti alpinisti saliti sul Campanile di Toro c'è anche un re. Si tratta di Re Alberto del Belgio. Con lui c'era il figlio Leopoldo.Un capitolo significativo della storia del Campanile è stato scritto nell'estate del 1952 da ventidue alpinisti di Domegge guidati da Elio Boni. Insieme hanno portato in vetta una campana. Madrina è stata la figlia di Boni, Artemide. La benedizione è stata impartita in vetta da don Vincenzo Del Favero. Da allora la campana suona ogni volta che un alpinista sale sulla cima e tutte le volte che il Campanile di Toro parla con il fratello Campanile di Val Montanaia.
Ferruccio Svaluto Moreolo non aveva ancora 18 anni quando frequentò l'annuale e benemerito corso roccia organizzato dal Gruppo Rocciatori Ragni di Pieve di Cadore. Ma era da molto tempo che sognava di arrivare sulle cime più ardite che vedeva intorno a sé e sognava di entrare a far parte dei Ragni. E sognando cominciò a frequentare le prime pareti e a gustare le prime avventure con una corda di canapa lunga sette metri e pochi chiodi da ferramenta. "Sono stati gli amici della zia a farmi provare le prime vere soddisfazioni alpinistiche sulle Marmarole". Sono state quelle prime esperienze ad avviarlo al corso roccia. Per Ferruccio non è stato difficile raggiungere un buon livello tecnico di arrampicata. Con il corso conobbe Maurizio Dall' Omo, Renato Peverelli, Mauro Valmassoi, Gianpietro Poles e tanti altri giovani attratti dalle crode che, con il tempo, scriveranno le pagine più significative della storia recente dell'alpinismo del Cadore.
Con loro Ferruccio Svaluto cominciò a ripetere le vie classiche delle Dolomiti.
"A darci fiducia e a farci fare il salto di qualità è stato Piero Valmassoi." Ferruccio ricorda con piacere che gli insegnamenti e gli incoraggiamenti di Piero lo hanno sollecitato a coltivare l'idea di intraprendere la professione di Guida Alpina.
Un traguardo prestigioso che raggiunge nel 1985. E’ il coronamento di un desiderio perseguito fin da bambino.
"Diventare Guida Alpina mi ha dato una carica di entusiasmo e di voglia di fare. La voglia di vivere l'avventura e di sperimentare il nuovo mi ha sempre affascinato - racconta Ferruccio - e ancora adesso mi ritrovo spesso a fantasticare alla base di una montagna disegnando linee ideali di salita o viaggi e scalate avventurosi sulle montagne del mondo."
Anche per questo può vantare una serie invidiabile di spedizioni extraeuropee: in Nepal, in India, in Perù, in Patagonia, in Groenlandia. Esperienze importanti che hanno contribuito a farlo diventare una Guida Alpina completa sul piano professionale. Questa professionalità Ferruccio l'ha sempre messa a disposizione di tutti: dei suoi clienti e di quanti si sono trovati in difficoltà in montagna. Operatore esperto del Soccorso Alpino e tecnico molto preparato dell'Elisoccorso ha saputo conquistarsi stima, fiducia e rispetto.
Infine le vie nuove e quelle ripetute, le vie effettuata durante la stagione estiva e nel corso dell’inverno.
Partendo dal Gruppo delle Marmarole, le sue montagne, ha aperto in solitaria quattro vie nuove con difficoltà comprese tra il settimo e l'ottavo grado, sul Pupo di Lozzo, sulla Croda Bianca, la Cresta degli Invalidi e il Cimon del Froppa che è la cima più elevata delle Marmarole.
Sull'Antelao ha aperto undici vie nuove. Sei, in particolare, superano il nono grado. Altrettante vie con difficoltà estreme sono state aperte sul Gruppo Bel Prà e in particolare sulla Torre dei Sabbioni e sul Corno del Doge, sulla Tofana di Rozes, sugli Spalti di Toro, sui Cadini di Misurina e sulla Croda del Passaporto. Anche la Croda del Fogo nel Gruppo del Sorapis, il Monte Peralba, il Gruppo del Lagazuoi e la Croda dei Toni hanno ben presente chi è Ferruccio Svaluto. Anche durante le spedizioni extraeuropee Ferruccio ha firmato alcune prime ascensioni. In particolare se ne possono ricordare una di grado 7+ in Patagonia e tre di grado 6+ in Groenlandia.
Notevole l'attività invernale che lo ha visto protagonista sulla Fanton alla Cima Salina, sulla Cassin-Mauri alla Torre del Diavolo nei Cadini di Misurina, alla Bellodis sulla parete sud del Pelmo, sulla Croda Bianca fino ad alcune ripetizioni molto impegnative effettuate con il compaesano Mauro Valmassoi: dalla Dorotei-Masucci sulla Rocchetta di Bosconero alla via Olivo sulla Cresta degli Invalidi, dalla via Olimpo in Marmolada alla via dei Polacchi in Civetta.
In seno al Gruppo Rocciatori Ragni di Pieve di Cadore viene spontaneo abbinare alla storia recente delle salite invernali i nomi delle due Guide Alpine di Domegge: Mauro Valmassoi e Ferruccio Svaluto Moreolo. Mauro, quelle rare volte che accetta di parlare di sé, comincia sempre dalla sua attività invernale, quasi fosse una specializzazione professionale o una vocazione. Nella seconda metà degli anni ottanta Mauro ha firmato alcune imprese di notevole rilievo alpinistico tra quelle compiute sulle crode innevate e ghiacciate. Molte le ha realizzate proprio con Ferruccio Svaluto e molte altre con lo zoldano Renato Panciera.
Mauro Valmassoi è nato nel 1956 e risiede a Domegge. La sua passione per la montagna è radicata sulle Dolomiti che circondano il Cadore e il desiderio di salirle ha scandito tutte le sue scelte di vita. Iscritto al C.A.I. dal 1977 ha sviluppato la sua passione prima attraverso le escursioni e poi sulle ferrate. Soltanto più tardi ha sentito l'attrazione per le vie di roccia. Anche quelle più estreme. È diventato Guida Alpina nel 1999. Quindi in età adulta, dovendo conciliare questa scelta con gli impegni familiari e con l'attività di Agente di Commercio. Componente del Gruppo Rocciatori Ragni fin dagli anni ottanta, dopo gli esami di Guida Alpina, è entrato a far parte della Scuola di Alpinismo Tre Cime di Auronzo di Cadore.
La salita invernale che ha consentito a Mauro di compiere il grande salto di qualità è datata inverno 1986. Insieme a Ferruccio Svaluto e Renato Panciera ha ripetuto in giornata la Dorotei-Masucci sulla Rocchetta Alta di Bosconero. Altra prova maiuscola, firmata da Mauro e Ferruccio, è stata la Comici al Dito di Dio. Sul misto invernale Mauro Valmassoi ha inanellato salite strepitose in quanto a velocità e a difficoltà tecniche. Ha effettuato la prima invernale dello Spigolo Olivo sulle Marmarole nel 1987; la via Olimpo sulla Sud della Marmolada; la prima invernale in giornata della Philipp-Flamm in Civetta nel dicembre 1988; la Cozzolino alla Terza Sorella nel 1990. E cosa dire della grande salita alla via dei Polacchi alla parete nord-ovest del Pan di Zucchero e della prima assoluta al Cacciagrande inaugurando una via che Mauro ha firmato con Dall'Omo.
Nel corso delle stagioni invernali che si sono susseguite tra gli anni ottanta e i primi del duemila Mauro Valmassoi ha aperto 56 vie nuove spalmate tra il Civetta e le Marmarole, i Cadini di Misurina e gli Spalti di Toro, il Sorapiss e la Croda dei Toni, il Nuvolau e il Pomagagnon.
Poi ci sono le salite estive: un'infinità.
Le prime, firmate molto spesso insieme a Ferruccio Svaluto, a Maurizio Dall'Omo e a Renato Panciera, non si contano. Emergono per impegno e forza tecnica la Black Jack sulla Torre dei Sabbioni che arriva al nono grado. Di altissimo livello anche la Via del Bicentenario sul Torrione Dusso e la salita del Diedro Oresting sulla parete ovest di Croda Marcora. Sono gli anni (1987 - 1990) della tensione all'arrampicata estrema su placca che spingono Mauro a cercare pareti sempre più consone al superamento di difficoltà estreme. Nel 1989 sale la compatta parete sud del Torrione San Vito.
Ma l'impegno alpinistico di questa Guida Alpina ha registrato grandi cose anche sul massiccio del Monte Bianco, a cominciare dalle ripetizioni di alcune vie del grande Walter Bonatti. Proprio per sottolineare la completezza del professionista, non poteva mancare l'esperienza internazionale con la spedizione in Patagonia del 1993, nel corso della quale ha aperto anche una via nuova sul Cerro Cattedral, nel Parco del Paine.
Ricostruzione storica di 150 anni di alpinismo. La storia e le storie, le foto e le testimonianze, le imprese e le fatiche raccontate in una mostra allestita nel luglio 2012 a Domegge di Cadore, presso le sale di Palazzo Giacobbi.
Di seguito, riproponiamo i pannelli esposti in tale occasione.